o'baron
03/09/07, 11:34
vi posto i report che stiamo stendendo io ed un mio amico per altri forume ML sulle nostre vacanze in moto, posso solo dire che la Versys è un'ottima compagna di viaggio:-)
Una sera qualsiasi, in occasione di una pizza con gli amici della Tavesuvio, Luigi O’ Barone, complice l’entusiasmo per il recente acquisto di “Mimosa”, mi apostrofò dicendo: “ma tu ed Annalisa quest’estate cosa fate? Io e Steffola vorremmo fare un bel giro, adesso che ho la moto nuova. Avevamo pensato di raggiungere Barcellona in traghetto e poi, da lì, Mont Saint Michel; quindi di nuovo Barcellona e traghetto per l’Italia. In tutto saranno meno di duemila chilometri”.
L’argomento “vacanze 2007” era stato già affrontato da me ed Annalisa ma, non essendo riusciti ad individuare una meta appetibile, avevamo deciso di rinunciare al solito viaggio in moto e ripiegare su qualcosa di molto più tranquillo (ed economico).
“Credo che non faremo proprio nulla; quest’estate nessun viaggio. Anche se mi piacerebbe vedere Mont Saint Michel. E poi, vicinissimi, ci sarebbero la Normandia, Parigi, la Valle della Loira. Personalmente escluderei la prospettiva di andare e tornare con la nave ma, anche così facendo, sarebbero troppi chilometri. Troppi soldi. Troppo tempo”.
“Pensateci. A noi farebbe molto piacere”, replicò Luigi.
Ci abbiamo pensato.
Ci abbiamo pensato eccome.
Quel sabato sera si sono silenziosamente avviati i misteriosi processi mentali che, nascondendosi all’ombra dell’illusione di pensare ad un progetto irrealizzabile, hanno messo insieme, poco per volta, tassello per tassello, un possibile itinerario.
Il viaggio prendeva forma…
Scartata l’idea di fare la stessa strada (e quindi di prendere il traghetto) sia per la partenza che per il rientro in Italia, ed invertito il senso di marcia inizialmente considerato, sono state esaminate le possibili tappe del viaggio: Svizzera, Parigi, Mont Saint Michel, Valle della Loira, Andorra e Barcellona.
Lo step successivo richiedeva la determinazione dell’itinerario per unire i vari punti individuati sulla cartina.
Per il tratto fino alla Ville Lumiére sono stato aiutato da un servizio, relativo al percorso da Torino a Parigi, passando per Losanna, pubblicato su un numero di Due Ruote di qualche tempo fa.
“Già, ma a Torino come ci si arriverebbe? Troppa autostrada.”
E qui c’è stato un vero e proprio colpo di genio: il treno.
Le F.S., difatti, offrono il servizio “moto al seguito”: la moto viaggia tranquilla e contenta sul vagone per il trasporto auto, mentre pilota e passeggero se ne stanno beati in cuccetta. Partenza la sera ed arrivo la mattina del giorno successivo; costi accettabili e risparmio di pedaggi, benzina, pernottamento, stanchezza…
“Se putess’ fa, se ne avessimo davvero l’intenzione”, dicevo ad Annalisa, cercando di cogliere nel suo sguardo qualche cenno di assenso, e nel malcelato tentativo di conservare intatti i nostri morigerati propositi, che andavano via via sgretolandosi.
Il tragitto da Parigi a Mont Saint Michel si prestava eccellentemente ad una deviazione lungo la costa della Normandia, nel tratto dove si trovano le spiagge protagoniste del D-Day.
Magari con una tappa interlocutoria a Caen.
Il tour lungo la Valle della Loira avrebbe potuto avere come quartier generale la cittadina di Tours, situata in posizione strategica rispetto ai più rinomati castelli.
“Il percorso fino ad Andorra la Vella sarebbe troppo lungo da fare in una sola volta. Andrebbe spezzato, magari in corrispondenza di questo puntino in mezzo al nulla. Il paese si chiama Cahors. Pare sia bello”, mi diceva Annalisa, puntando il dito sulla cartina e sollevando lo sguardo verso di me.
“La tappa da Andorra a Barcellona è breve; si potrebbe fare tutta d’un fiato. Peccato che abbiamo deciso di non muoverci, quest’anno”, replicavo io.
Ma era troppo tardi.
Il viaggio era pronto, ed il suo richiamo irresistibile.
Era nato il “QuattroStati2007” che, alla fine, con somma soddisfazione, ci ha portati a varcare quattro confini di Stato ed a percorrere poco meno di quattromila km in diciannove giorni.
Dopo aver deciso di lasciare a casa il giubbotto estivo e di partire con quello invernale (scelta in seguito rivelatasi decisiva), il pomeriggio del 5 agosto – con le moto cariche sino all’inverosimile – i nostri quattro eroi si sono ritrovati sotto casa di Annalisa e, di là, hanno proseguito fino alla stazione di Napoli dove, in attesa che i “gioiellini” venissero caricati sul carro ferroviario adibito al trasporto delle autovetture, hanno conosciuto Cristiano e Rossana, una coppia di transalpanti napoletani che avevano avuto la stessa idea “ferroviaria”, anche se non avevano pianificato con precisione l’itinerario da seguire.
La notte trascorsa in cuccetta è stata qualcosa di allucinante: complici la tensione alle stelle (stavamo cominciando il viaggio tanto a lungo desiderato), il rumore ed i movimenti del treno sulle rotaie, Stefania che faceva l’appello dei dormienti ogni oretta ("Luì, stai dormendo? Luca e tu? Annalisa, tu sei sveglia, vero?") e gli incubi che ci assalivano ogni volta che ci assopivamo, quando siamo arrivati a Torino avevamo dormito ben poco.
“Ripescati” Cristiano e Rossana, con i quali eravamo rimasti d’accordo di condividere il viaggio sino a Losanna, dopo aver fatto colazione con tutta calma, ci siamo diretti verso l’area di ritiro dei veicoli al seguito.
Sul piazzale della stazione di Torino c’erano diverse persone che attendevano di ritirare la propria auto, una responsabile delle FS ed alcuni operai addetti allo scarico che imprecavano e si sbracciavano vistosamente: stavano TUTTI aspettando che noi scaricassimo le moto, le quali impedivano di svuotare il carro.
Dopo aver inutilmente cercato di far capire alla ferroviera che sul nostro biglietto era chiaramente indicato l’orario di inizio delle operazioni di scarico e che quindi il nostro ritardo non era in realtà a noi imputabile, abbiamo finalmente avviato i motori e siamo partiti alla volta della Val d’Aosta; gran goduria di paesaggi e strade che ci hanno condotti sino al Passo del Gran San Bernardo (2474 mt s.l.m.) dove abbiamo fatto sosta pranzo/foto/****eggio in vista del confine con la svizzera.
Appena varcati gli italici confini la velocità di percorrenza si è notevolmente ridotta e così, complici un’ape dispettosa che ha punto Luigi, ed una rotonda alla quale Cristiano ed il Barone hanno sbagliato uscita – con conseguente frattura del gruppo e pedissequa, interminabile, attesa mia e di Annalisa – siamo arrivati a Losanna con FAVOLOSO ritardo rispetto ai programmi originari.
Scendiamo al graziosissimo Lausanne Guesthouse che, in barba ai carissimi prezzi degli alberghi svizzeri, ci ha offerto un ampio, confortevole ed accogliente soggiorno per circa 70 Euro a camera per notte, vista lago compresa.
Cena a prezzi elvetici (buco in petto) e poi subito a nanna.
Il mattino successivo (07/08) lo dedichiamo alla visita di Ginevra: grossa ed ordinatissima città sulle sponde dell’omonimo lago; tante, tantissime, banche, un bel centro storico con una imponente cattedrale e molti negozi con le vetrine piene zeppe di coltellini svizzeri di tutti i tipi; colazione/pranzo ad uno Starbuck Coffe (circa dieci Euro in due).
Nel pomeriggio, ritorno a Losanna e visita della città, anch’essa molto bella ma dalle strade troppo ripide per i miei gusti.
Anche qui abbiamo trovato una cattedrale che vale la pena di vedere.
Il dilemma relativo alla necessità di trovare il giusto compromesso tra una quantità di cibo sufficiente a sostenerci ed un costo tale da non prosciugare definitivamente i nostri conti correnti è stato risolto grazie ad un succulento Kebab, mangiato mentre eravamo intenti a scrutare il cielo che si faceva sempre più scuro.
Considerato che il giorno successivo ci attendevano il “tappone” fino a Parigi (circa 600 Km, sulla carta) e la sveglia alle sei del mattino, decidiamo di caricare le moto prima di andare a letto; mentre preparavamo i bagagli il cielo diventava sempre più cupo sino al punto che, scesi nel parcheggio con le borse, ha cominciato a piovere.
Imbrachiamo i bagagli con le cuffie antipioggia ed andiamo a dormire sognando strade assolate e temperature tropicali.
La mattina seguente pioveva. Ma non una pioggia normale: una “megapioggia”, modello “Primavera 2006”.
Nonostante le abbondanti precipitazioni ci mettiamo in marcia a passo spedito e, dopo circa quaranta chilometri, varchiamo il confine con la Francia; il tempo non migliora, ed anzi la temperatura scende abbastanza rapidamente sino al punto di rendere necessario il montaggio delle imbottiture nei giubbotti da moto (fiuuù… meno male che ho portato quello invernale!!!!)
Il paesaggio diventa sempre più dolce; le Alpi si allontanano e le poco trafficate statali (sulle quali procediamo a medie autostradali, nonostante la pioggia battente) tagliano letteralmente ampie pianure sulle quali riposano innumerevoli covoni di fieno lasciati a seccare; le rustiche case con i tetti aguzzi ricoperti di ardesia, il profumo della terra e dell’erba bagnati, il giallo dei campi di grano appena mietuto ed il verde dei prati formavano un tutt’uno che difficilmente dimenticherò.
Verso ora di colazione entriamo a Besançon (una graziosa cittadina medievale) dove facciamo una breve sosta condita con cioccolata calda e croissants.
Al momento di rimetterci in viaggio il GPS fa i capricci: non ne vuole sapere di accendersi.
Dopo qualche momento di panico, concludiamo che la nostra è, in fondo, principalmente un’avventura e quindi: no stress!!
Compriamo una cartina e decidiamo di proseguire alla vecchia maniera sino a Parigi. E ********** al navigatore.
Appena prima di partire, però, Annalisa ha un’intuizione: “perché non provi a resettarlo?”.
Il maledetto dispositivo ricomincia a funzionare e, anche se nessuno ha avuto il coraggio di confessarlo, ci sentiamo tutti molto più tranquilli.
La pioggia ci ha concesso una breve tregua sino a Dijon, dove facciamo un’altra sosta e consumiamo il più tipico dei pasti francesi: una fragrante e profumata baguette, imbottita nella migliore tradizione nostrana.
Entriamo nella regione della Champagne accompagnati, ancora una volta, da un violento temporale che si placa solo poco dopo il nostro arrivo nella cittadina di Troyes, vecchio capoluogo della regione.
Luigi mi affianca ad un semaforo ed io gli faccio: “Luì, ma ti sei accorto che ha fatto due gocce d’acqua?” “Si che me ne sono accorto. Ognuna era grossa come il mar Mediterraneo!!!!).
Con questo spirito entriamo in un graziosissimo pub, prendiamo un paio di giri di caffè e fumiamo innumerevoli sigarette, consapevoli del fatto che abbiamo accumulato un bel vantaggio sulla tabella di marcia, che la meta è ormai a sole due o tre ore di viaggio e che pertanto possiamo permetterci il lusso di una sosta davvero riposante.
Nel pub chiediamo notizie circa le attrazioni del posto al proprietario, Tony, che gentilmente si offre di farci da guida per una breve visita della cittadina.
Il centro storico di Troyes è qualcosa di veramente affascinante in quanto gli innumerevoli palazzotti che Tony ci mostra con evidente orgoglio sono delle vere e proprie opere d’arte in legno, malta e sterco di vacca; interamente realizzati a mano da abilissimi artigiani, essi vengono ristrutturati da cima a fondo ogni cinque/sei anni.
Tornati al pub, nei cui pressi avevamo lasciato le moto, i ragazzi del bar ci fanno trovare una stampata relativa alla situazione metereologica della giornata “*****! Noi siamo sotto a tutto questo bianco?” penso, dinanzi al foglio di carta che mi viene passato e che viene colpito dalle prime gocce che, intanto, ricominciano a cadere.
La sosta è stata più lunga del previsto e, salutato calorosamente Tony con la promessa di rendere il giusto merito in questo report al servizio resoci, filiamo via a passo allegro.
Mano a mano che si procede verso nord, la N60 incrocia più volte i canali che conducono alla Capitale, e sempre più frequenti sono i castelli che è possibile intravedere ai margini della strada.
La stanchezza comincia a farsi sentire ed io e Luigi, grazie ad una tregua concessaci dalla pioggia, sfruttiamo le ricetrasmittenti per fare la conta reciproca dei chilometri che mancano alla meta.
Imbocchiamo la N6, e poi la E15, vere e proprie autostrade senza pedaggio, e le percorriamo a passo spedito: ormai non ne possiamo più di stare in moto!
Mentre, via radio, facciamo l'elenco dei doloretti e delle parti addormentate a causa delle vibrazioni delle nostre cavalcature, alzo lo sguardo e mi si forma un groppo alla gola; Luigi continua a parlarmi di **** indolenzito ma io non rispondo. Alzo solo una mano ad indicare qualcosa alla nostra sinistra.
“Eccola, Luigi. Guarda com’è bella. E’ la Torre Eiffel”.
Superato un po’ di traffico (è la prima volta che troviamo una coda, dall’inizio del viaggio), il GPS ci conduce dritti dritti all’albergo.
Quando Annalisa e Steffola entrano per prendere le camere, Luigi ed io, completamente sfiniti, dopo aver contemplato i segni lasciati dall’acqua sulle nostre cerate e sulle moto, esclamiamo: “Ma ci pensi? Siamo arrivati a Parigi…”.
Abbiamo finito con l’abbracciarci, tanta era la commozione che ci ha colti in quel momento.
Scaricati i bagagli, non resistiamo alla tentazione di andare a vedere da vicino lo spettacolo della Torre completamente illuminata.
Ovviamente, è inutile cercare di descrivere l’incanto che ci si è parato dinanzi mentre procedevamo, nel crepuscolo parigino, verso la nostra meta guidati dal nostro istinto (e dal navigatore, ovviamente!).
Una volta saziati gli occhi, non restava che da saziare le panze; l’ora di cena era ormai passata da un po’ e si imponeva una sosta riparatrice.
Quella sera abbiamo scoperto che gli orari dei locali “mangerecci”, a Parigi, sono tassativi: non abbiamo trovato nessuno disposto a venderci un boccone di baguette od un trancio di pizza.
La nostra disperazione è rientrata solo quando abbiamo avvistato un night shop dove abbiamo comprato varie cibarie (tra cui un gustosissimo formaggio che ha poi avuto un insolito effetto lassativo sul povero Luigi) che abbiamo consumato seduti, al buio, su una panchina, nella migliore tradizione dei Clochards parigini.
… To be continued…
Una sera qualsiasi, in occasione di una pizza con gli amici della Tavesuvio, Luigi O’ Barone, complice l’entusiasmo per il recente acquisto di “Mimosa”, mi apostrofò dicendo: “ma tu ed Annalisa quest’estate cosa fate? Io e Steffola vorremmo fare un bel giro, adesso che ho la moto nuova. Avevamo pensato di raggiungere Barcellona in traghetto e poi, da lì, Mont Saint Michel; quindi di nuovo Barcellona e traghetto per l’Italia. In tutto saranno meno di duemila chilometri”.
L’argomento “vacanze 2007” era stato già affrontato da me ed Annalisa ma, non essendo riusciti ad individuare una meta appetibile, avevamo deciso di rinunciare al solito viaggio in moto e ripiegare su qualcosa di molto più tranquillo (ed economico).
“Credo che non faremo proprio nulla; quest’estate nessun viaggio. Anche se mi piacerebbe vedere Mont Saint Michel. E poi, vicinissimi, ci sarebbero la Normandia, Parigi, la Valle della Loira. Personalmente escluderei la prospettiva di andare e tornare con la nave ma, anche così facendo, sarebbero troppi chilometri. Troppi soldi. Troppo tempo”.
“Pensateci. A noi farebbe molto piacere”, replicò Luigi.
Ci abbiamo pensato.
Ci abbiamo pensato eccome.
Quel sabato sera si sono silenziosamente avviati i misteriosi processi mentali che, nascondendosi all’ombra dell’illusione di pensare ad un progetto irrealizzabile, hanno messo insieme, poco per volta, tassello per tassello, un possibile itinerario.
Il viaggio prendeva forma…
Scartata l’idea di fare la stessa strada (e quindi di prendere il traghetto) sia per la partenza che per il rientro in Italia, ed invertito il senso di marcia inizialmente considerato, sono state esaminate le possibili tappe del viaggio: Svizzera, Parigi, Mont Saint Michel, Valle della Loira, Andorra e Barcellona.
Lo step successivo richiedeva la determinazione dell’itinerario per unire i vari punti individuati sulla cartina.
Per il tratto fino alla Ville Lumiére sono stato aiutato da un servizio, relativo al percorso da Torino a Parigi, passando per Losanna, pubblicato su un numero di Due Ruote di qualche tempo fa.
“Già, ma a Torino come ci si arriverebbe? Troppa autostrada.”
E qui c’è stato un vero e proprio colpo di genio: il treno.
Le F.S., difatti, offrono il servizio “moto al seguito”: la moto viaggia tranquilla e contenta sul vagone per il trasporto auto, mentre pilota e passeggero se ne stanno beati in cuccetta. Partenza la sera ed arrivo la mattina del giorno successivo; costi accettabili e risparmio di pedaggi, benzina, pernottamento, stanchezza…
“Se putess’ fa, se ne avessimo davvero l’intenzione”, dicevo ad Annalisa, cercando di cogliere nel suo sguardo qualche cenno di assenso, e nel malcelato tentativo di conservare intatti i nostri morigerati propositi, che andavano via via sgretolandosi.
Il tragitto da Parigi a Mont Saint Michel si prestava eccellentemente ad una deviazione lungo la costa della Normandia, nel tratto dove si trovano le spiagge protagoniste del D-Day.
Magari con una tappa interlocutoria a Caen.
Il tour lungo la Valle della Loira avrebbe potuto avere come quartier generale la cittadina di Tours, situata in posizione strategica rispetto ai più rinomati castelli.
“Il percorso fino ad Andorra la Vella sarebbe troppo lungo da fare in una sola volta. Andrebbe spezzato, magari in corrispondenza di questo puntino in mezzo al nulla. Il paese si chiama Cahors. Pare sia bello”, mi diceva Annalisa, puntando il dito sulla cartina e sollevando lo sguardo verso di me.
“La tappa da Andorra a Barcellona è breve; si potrebbe fare tutta d’un fiato. Peccato che abbiamo deciso di non muoverci, quest’anno”, replicavo io.
Ma era troppo tardi.
Il viaggio era pronto, ed il suo richiamo irresistibile.
Era nato il “QuattroStati2007” che, alla fine, con somma soddisfazione, ci ha portati a varcare quattro confini di Stato ed a percorrere poco meno di quattromila km in diciannove giorni.
Dopo aver deciso di lasciare a casa il giubbotto estivo e di partire con quello invernale (scelta in seguito rivelatasi decisiva), il pomeriggio del 5 agosto – con le moto cariche sino all’inverosimile – i nostri quattro eroi si sono ritrovati sotto casa di Annalisa e, di là, hanno proseguito fino alla stazione di Napoli dove, in attesa che i “gioiellini” venissero caricati sul carro ferroviario adibito al trasporto delle autovetture, hanno conosciuto Cristiano e Rossana, una coppia di transalpanti napoletani che avevano avuto la stessa idea “ferroviaria”, anche se non avevano pianificato con precisione l’itinerario da seguire.
La notte trascorsa in cuccetta è stata qualcosa di allucinante: complici la tensione alle stelle (stavamo cominciando il viaggio tanto a lungo desiderato), il rumore ed i movimenti del treno sulle rotaie, Stefania che faceva l’appello dei dormienti ogni oretta ("Luì, stai dormendo? Luca e tu? Annalisa, tu sei sveglia, vero?") e gli incubi che ci assalivano ogni volta che ci assopivamo, quando siamo arrivati a Torino avevamo dormito ben poco.
“Ripescati” Cristiano e Rossana, con i quali eravamo rimasti d’accordo di condividere il viaggio sino a Losanna, dopo aver fatto colazione con tutta calma, ci siamo diretti verso l’area di ritiro dei veicoli al seguito.
Sul piazzale della stazione di Torino c’erano diverse persone che attendevano di ritirare la propria auto, una responsabile delle FS ed alcuni operai addetti allo scarico che imprecavano e si sbracciavano vistosamente: stavano TUTTI aspettando che noi scaricassimo le moto, le quali impedivano di svuotare il carro.
Dopo aver inutilmente cercato di far capire alla ferroviera che sul nostro biglietto era chiaramente indicato l’orario di inizio delle operazioni di scarico e che quindi il nostro ritardo non era in realtà a noi imputabile, abbiamo finalmente avviato i motori e siamo partiti alla volta della Val d’Aosta; gran goduria di paesaggi e strade che ci hanno condotti sino al Passo del Gran San Bernardo (2474 mt s.l.m.) dove abbiamo fatto sosta pranzo/foto/****eggio in vista del confine con la svizzera.
Appena varcati gli italici confini la velocità di percorrenza si è notevolmente ridotta e così, complici un’ape dispettosa che ha punto Luigi, ed una rotonda alla quale Cristiano ed il Barone hanno sbagliato uscita – con conseguente frattura del gruppo e pedissequa, interminabile, attesa mia e di Annalisa – siamo arrivati a Losanna con FAVOLOSO ritardo rispetto ai programmi originari.
Scendiamo al graziosissimo Lausanne Guesthouse che, in barba ai carissimi prezzi degli alberghi svizzeri, ci ha offerto un ampio, confortevole ed accogliente soggiorno per circa 70 Euro a camera per notte, vista lago compresa.
Cena a prezzi elvetici (buco in petto) e poi subito a nanna.
Il mattino successivo (07/08) lo dedichiamo alla visita di Ginevra: grossa ed ordinatissima città sulle sponde dell’omonimo lago; tante, tantissime, banche, un bel centro storico con una imponente cattedrale e molti negozi con le vetrine piene zeppe di coltellini svizzeri di tutti i tipi; colazione/pranzo ad uno Starbuck Coffe (circa dieci Euro in due).
Nel pomeriggio, ritorno a Losanna e visita della città, anch’essa molto bella ma dalle strade troppo ripide per i miei gusti.
Anche qui abbiamo trovato una cattedrale che vale la pena di vedere.
Il dilemma relativo alla necessità di trovare il giusto compromesso tra una quantità di cibo sufficiente a sostenerci ed un costo tale da non prosciugare definitivamente i nostri conti correnti è stato risolto grazie ad un succulento Kebab, mangiato mentre eravamo intenti a scrutare il cielo che si faceva sempre più scuro.
Considerato che il giorno successivo ci attendevano il “tappone” fino a Parigi (circa 600 Km, sulla carta) e la sveglia alle sei del mattino, decidiamo di caricare le moto prima di andare a letto; mentre preparavamo i bagagli il cielo diventava sempre più cupo sino al punto che, scesi nel parcheggio con le borse, ha cominciato a piovere.
Imbrachiamo i bagagli con le cuffie antipioggia ed andiamo a dormire sognando strade assolate e temperature tropicali.
La mattina seguente pioveva. Ma non una pioggia normale: una “megapioggia”, modello “Primavera 2006”.
Nonostante le abbondanti precipitazioni ci mettiamo in marcia a passo spedito e, dopo circa quaranta chilometri, varchiamo il confine con la Francia; il tempo non migliora, ed anzi la temperatura scende abbastanza rapidamente sino al punto di rendere necessario il montaggio delle imbottiture nei giubbotti da moto (fiuuù… meno male che ho portato quello invernale!!!!)
Il paesaggio diventa sempre più dolce; le Alpi si allontanano e le poco trafficate statali (sulle quali procediamo a medie autostradali, nonostante la pioggia battente) tagliano letteralmente ampie pianure sulle quali riposano innumerevoli covoni di fieno lasciati a seccare; le rustiche case con i tetti aguzzi ricoperti di ardesia, il profumo della terra e dell’erba bagnati, il giallo dei campi di grano appena mietuto ed il verde dei prati formavano un tutt’uno che difficilmente dimenticherò.
Verso ora di colazione entriamo a Besançon (una graziosa cittadina medievale) dove facciamo una breve sosta condita con cioccolata calda e croissants.
Al momento di rimetterci in viaggio il GPS fa i capricci: non ne vuole sapere di accendersi.
Dopo qualche momento di panico, concludiamo che la nostra è, in fondo, principalmente un’avventura e quindi: no stress!!
Compriamo una cartina e decidiamo di proseguire alla vecchia maniera sino a Parigi. E ********** al navigatore.
Appena prima di partire, però, Annalisa ha un’intuizione: “perché non provi a resettarlo?”.
Il maledetto dispositivo ricomincia a funzionare e, anche se nessuno ha avuto il coraggio di confessarlo, ci sentiamo tutti molto più tranquilli.
La pioggia ci ha concesso una breve tregua sino a Dijon, dove facciamo un’altra sosta e consumiamo il più tipico dei pasti francesi: una fragrante e profumata baguette, imbottita nella migliore tradizione nostrana.
Entriamo nella regione della Champagne accompagnati, ancora una volta, da un violento temporale che si placa solo poco dopo il nostro arrivo nella cittadina di Troyes, vecchio capoluogo della regione.
Luigi mi affianca ad un semaforo ed io gli faccio: “Luì, ma ti sei accorto che ha fatto due gocce d’acqua?” “Si che me ne sono accorto. Ognuna era grossa come il mar Mediterraneo!!!!).
Con questo spirito entriamo in un graziosissimo pub, prendiamo un paio di giri di caffè e fumiamo innumerevoli sigarette, consapevoli del fatto che abbiamo accumulato un bel vantaggio sulla tabella di marcia, che la meta è ormai a sole due o tre ore di viaggio e che pertanto possiamo permetterci il lusso di una sosta davvero riposante.
Nel pub chiediamo notizie circa le attrazioni del posto al proprietario, Tony, che gentilmente si offre di farci da guida per una breve visita della cittadina.
Il centro storico di Troyes è qualcosa di veramente affascinante in quanto gli innumerevoli palazzotti che Tony ci mostra con evidente orgoglio sono delle vere e proprie opere d’arte in legno, malta e sterco di vacca; interamente realizzati a mano da abilissimi artigiani, essi vengono ristrutturati da cima a fondo ogni cinque/sei anni.
Tornati al pub, nei cui pressi avevamo lasciato le moto, i ragazzi del bar ci fanno trovare una stampata relativa alla situazione metereologica della giornata “*****! Noi siamo sotto a tutto questo bianco?” penso, dinanzi al foglio di carta che mi viene passato e che viene colpito dalle prime gocce che, intanto, ricominciano a cadere.
La sosta è stata più lunga del previsto e, salutato calorosamente Tony con la promessa di rendere il giusto merito in questo report al servizio resoci, filiamo via a passo allegro.
Mano a mano che si procede verso nord, la N60 incrocia più volte i canali che conducono alla Capitale, e sempre più frequenti sono i castelli che è possibile intravedere ai margini della strada.
La stanchezza comincia a farsi sentire ed io e Luigi, grazie ad una tregua concessaci dalla pioggia, sfruttiamo le ricetrasmittenti per fare la conta reciproca dei chilometri che mancano alla meta.
Imbocchiamo la N6, e poi la E15, vere e proprie autostrade senza pedaggio, e le percorriamo a passo spedito: ormai non ne possiamo più di stare in moto!
Mentre, via radio, facciamo l'elenco dei doloretti e delle parti addormentate a causa delle vibrazioni delle nostre cavalcature, alzo lo sguardo e mi si forma un groppo alla gola; Luigi continua a parlarmi di **** indolenzito ma io non rispondo. Alzo solo una mano ad indicare qualcosa alla nostra sinistra.
“Eccola, Luigi. Guarda com’è bella. E’ la Torre Eiffel”.
Superato un po’ di traffico (è la prima volta che troviamo una coda, dall’inizio del viaggio), il GPS ci conduce dritti dritti all’albergo.
Quando Annalisa e Steffola entrano per prendere le camere, Luigi ed io, completamente sfiniti, dopo aver contemplato i segni lasciati dall’acqua sulle nostre cerate e sulle moto, esclamiamo: “Ma ci pensi? Siamo arrivati a Parigi…”.
Abbiamo finito con l’abbracciarci, tanta era la commozione che ci ha colti in quel momento.
Scaricati i bagagli, non resistiamo alla tentazione di andare a vedere da vicino lo spettacolo della Torre completamente illuminata.
Ovviamente, è inutile cercare di descrivere l’incanto che ci si è parato dinanzi mentre procedevamo, nel crepuscolo parigino, verso la nostra meta guidati dal nostro istinto (e dal navigatore, ovviamente!).
Una volta saziati gli occhi, non restava che da saziare le panze; l’ora di cena era ormai passata da un po’ e si imponeva una sosta riparatrice.
Quella sera abbiamo scoperto che gli orari dei locali “mangerecci”, a Parigi, sono tassativi: non abbiamo trovato nessuno disposto a venderci un boccone di baguette od un trancio di pizza.
La nostra disperazione è rientrata solo quando abbiamo avvistato un night shop dove abbiamo comprato varie cibarie (tra cui un gustosissimo formaggio che ha poi avuto un insolito effetto lassativo sul povero Luigi) che abbiamo consumato seduti, al buio, su una panchina, nella migliore tradizione dei Clochards parigini.
… To be continued…