Report - I giganti della Sila

Curva dopo curva, briccio dopo briccio, dubbio dopo dubbio, sono arrivato. Non so a che ora sia partito e non so quanti chilometri abbia fatto, so solo che oggi pomeriggio ero lì, in Sila. Era da molto tempo che ci pensavo. Volevo rivedere quel posto scoperto un po’ di tempo fa grazie ad un amico. Un posto sperduto, ma stregato.
Dopo pranzo scambio qualche battuta con lo Smilzo e Dark Lady. Non so chi sia, è sicuro però che lei e lo Smilzo si conoscono. Non mi trattengo oltre, devo andare. Mi cambio, indosso tuta, casco e guanti e sono in sella.
Fino al valico di Botte Donato non ci sono problemi, conosco la strada, anche se il cielo limpido del mattino ha lasciato il posto ad incerte nuvole nere. Non importa, oggi sarò a Germano, una località sperduta sulla strada che porta a San Giovanni in Fiore. Da Camigliatello proseguo “ad occhio”, non ricordo bene la strada e vado a tentativi. Le vie sono deserte, incontro di rado qualche trattore oppure dei camion che trasportano legna. Ladyhawk ruggisce e li superiamo in un lampo. Il cielo è incerto, azzurro e grigiore si alternano, così come le traverse che dovrei imboccare. E così arrivo al bivio giusto, “I giganti della Sila” sta scritto sulla segnaletica. Mi fermo, mi guardo intorno e poi decido: “Direzione Germano”. Proseguo con incertezza, non sono sicuro di aver preso la strada giusta. Accanto a me solo casolari abbandonati e alberi secolari. Il rombo della moto rompe la quiete del posto, gli uccelli nascosti tra i cespugli si spaventano e volano davanti a me. L’andatura non è elevata e l’insicurezza di aver preso la strada sbagliata c’è ancora. Invece no, ecco l’acqua del piccolo lago apparire dietro le colline. Sono arrivato. Mi godo quel momento, scatto qualche foto, ascolto l’atmosfera del posto e vado via. Corro, voglio lasciarmi alle spalle quelle sensazioni. Filo via dritto sulla provinciale. Alcune curve sono mozzafiato, non perché sia bravo ad affrontarle, ma perché si tratta di viadotti alti parecchi metri. Quando si piega a destra si può vedere giu, attraverso la rete di protezione. E’ un brivido stupendo.
Arrivo a casa. Mi cambio ed esco. Per strada la solita frenesia, sembra di essere sbarcati su un mondo diverso. Del giro non rimane che un ricordo, poi sollevo un braccio e guardo la manica del giubbino. Ci sono ancora i moscerini. No, non è solo un ricordo, mentre tutto scorre come se nulla fosse successo.

Non per le parole, ma per la musica. Canticchiavo nella mente questa:

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