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27/01/09, 16:18 | #1 |
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Liberté, egalité, fraternité
LUCCA — Niente cous cous maghrebino. O pollo al curry made in India. Figuriamoci l'insalata di papaia del Togo. Qui si mangia e si serve italiano. Anzi, rigorosamente lucchese: minestra al farro, castagnaccio, torta co' becchi e via toscaneggiando. E se a qualche ristoratore venisse mai in mente, ma è sconsigliato, di presentare un menù basato su una gastronomia di altri continenti, è caldamente invitato ad inserire nella carta «almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia». Alla faccia della globalizzazione, e forse anche della libertà di fornelli, la giunta di Lucca ha approvato a maggioranza un regolamento comunale su locali, bar e ristoranti che difficilmente passerà inosservato. Di fatto, la nuova disciplina tira una riga lunga come un'autostrada sulla speranza di aprire ristoranti etnici in centro storico. In quella porzione di città, cioè, raggomitolata all'interno della splendida cinta muraria, lunga 4 chilometri e tuttora intatta. La norma è difficilmente equivocabile: «Non è ammessa l'attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività sia riconducibile ad etnie diverse ». «Un divieto discriminatorio » ha subito tuonato l'opposizione, con il consigliere pd Alessandro Tambellini. Accusando la giunta di «aver scelto un atteggiamento di chiusura verso le culture diverse, sostituendo alla logica del confronto quella dei no». E ancora: «Il riferimento alle etnie è assolutamente infelice. Cosa vuol dire? Che va bene la cucina francese o tedesca, che appartengono al nostro stesso ceppo, e non l'indiana, la cinese o l'araba?». Pure in Regione la pensano così: «Siamo contrari — dice l'assessore Paolo Cocchi — a forme occulte di razzismo gastronomico ». «Ma quale razzismo! L'unico nostro scopo è quello di tutelare il patrimonio storico del centro»: dalle parti della giunta cadono dalle nuvole, e si arrabbiano anche.
«La norma — spiega l'assessore Filippo Candelise — risale ad una delibera del 2000, che noi abbiamo aggiornato». E comunque, «i divieti riguardano anche pizze al taglio, Mc Donald's, fast food, sexy shop. E non sono applicabili agli esercizi esistenti». Resta quel riferimento alle etnie. «Capisco che possa generare malintesi, ma bisogna considerare che dentro le mura vivono 8 mila lucchesi e ci sono già 5 kebab». E pure il presidente dei ristoratori della locale Ascom, Benedetto Stefani, spezza una lancia in favore della giunta: «Nessuna crociata, si vuole solo tutelare la specificità della nostra cucina, messa in pericolo dalle recenti liberalizzazione del settore ». Il regolamento prevede anche che i camerieri «siano a conoscenza della lingua inglese ». Come si dice bruschetta? Per poter vedere il link devi essere Registrato
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