14/12/11, 17:38
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Le manovre culturali cinesi
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Originariamente inviata da wired
In Cina è stata posta giusta enfasi all'incontro del mese scorso tra i boss delle e-company cinesi, che avrebbero accettato, dando il loro “consenso”, alle richieste partorite dagli uffici della propaganda di Pechino.
Dopo l'ultimo Comitato Centrale e in vista del ricambio politico da attuarsi esattamente tra un anno, la Cina ha deciso di puntare le proprie attenzioni ad una riforma culturale in grado di muoversi in due direzioni: da un lato ampliare il controllo interno affinché non ci siano troppe critiche alla leadership in un momento di scontri interni e lotte che è meglio non siano disturbate o non vengano alla luce (la cosiddetta sicurezza culturale), dall'altro allargare il campo d'influenza cinese nel mondo, attraverso l'esportazione della cultura cinese sotto forma di “prodotti culturali” (il cosiddetto soft power).
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Originariamente inviata da china-files
La Cina ha vietato i messaggi pubblicitari durante le fiction e i film in televisione: si tratta dell'ultima mossa del Partito comunista per affermare il controllo del settore commerciale dei media.
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All'inizio di quest'anno, il regolatore ha costretto Hunan tv, emittente di maggior successo commerciale della provincia cinese, a sospendere "Supergirl", talent show di successo in Cina. Funzionari hanno detto all'emittente che l'intrattenimento dovrebbe essere in secondo piano rispetto ai "valori, alla responsabilità e alla qualità".
In un documento politico chiave passato il mese scorso, il partito comunista ha promesso una "riforma culturale del sistema" indicando chiaramente la volontà di volere guidare l'industria dei media.
Il regolatore ha spiegato la sua ultima mossa con la volontà di attuare la decisione della leadership, e "di utilizzare appieno le reti televisive per costruire un sistema di servizio pubblico culturale, elevare la qualità dei servizi pubblici culturali e garantire i diritti culturali di base del popolo".
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Originariamente inviata da china-files
Intanto, mentre la Cina acquistava i debiti di Europa e Stati Uniti, all'inizio di ottobre la lingua cinese è diventata la prima lingua straniera studiata al mondo. Un'ascesa a velocità incredibile se si calcola che nel 2000 erano poco più di due milioni i non cinesi che la studiavano. Oggi sono quasi 50 milioni.
E molto si deve al Ministero della cultura cinese, lo Hanban, che ha finanziato l'attivazione degli Istituti Confucio in tutto il mondo, favorendo la diffusione di lingua e cultura e di scambi tra università cinesi ed estere. Il primi Istituti Confucio hanno aperto nel 2005 (quattro sedi in tutta Europa: Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia, presso l'Università la Sapienza di Roma). E in soli cinque anni ne sono seguiti 315 in 94 differenti paesi. Quest'anno gli stranieri iscritti ai corsi di lingua hanno superato quota 230mila.
Un'esibizione impressionante della volontà di espansione culturale di Pechino: 5 mila insegnanti mantenuti in ogni angolo della terra e il piano dichiarato di arrivare ad aprire mille Istituti Confucio entro il 2015. " Ormai è chiaro che la Cina avrà il potere commerciale nel lungo periodo – ha spiegato al Telegraph il professor Li Quan, dell'Università del Popolo - l'Occidente si rende conto della necessità di conoscere il Paese e di capire come funziona".
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Forse forse ci diranno le loro ragioni
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