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Oltre la moto, passioni & culture giù dalla sella Tutte le vostre passioni oltre alla moto, libri, fotografia, sport e quello che volete



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Vecchio 31/03/08, 09:32   #11
DuKa
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DuKaZZo e l' emoticon che applaude dov' è ??? z


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Vecchio 31/03/08, 10:17   #12
XXX
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Complimenti ragazzo omonimo del DuKa con un fratello mio omonimo.
Duka , Scin , meno male che ci sono i vostri omonimi a far fare bella figura al nome.....

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Vecchio 31/03/08, 10:21   #13
SCINTILLA
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Giusto, non ci resta che trovare una Flo che faccia qualcosa di utile
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Vecchio 31/03/08, 10:57   #14
Se77e
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complimenti turco!! chissà che soddisfazione


SCINTILLA, a sQola non ti hanno insegnato che in una frase di senso compiuto non possono esserci sia "FLO" che "utile"
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Vecchio 31/03/08, 12:51   #15
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Tilla e se77e......Spammoniiii!!!!!

Con voi poi facciamo i conti!!!
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Vecchio 31/03/08, 13:34   #16
LostShadow
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Grande Turco,

mi piace pensare che:

Turco è cadudo, stremato, era ad appena 200 metri dal traguardo. I 75000 spettatori dello stadio erano tutti in trepidazione per lui. Attorno a lui sulla pista i giudici di gara e persino alcuni medici accorsi per soccorrerlo. Turco è caduto altre quattro volte, ed altrettante volte è stato aiutato a rialzarsi, ma ha continuato, barcollando ad avanzare verso l'arrivo. Quando finalmente è riuscito a tagliare il traguardo, sorretto da un paio di soccorritori, era totalmente esausto.
Solo per percorrere gli ultimi 350 metri ha impiegato quasi dieci minuti.
A seguito dell’aiuto ricevuto dai commissari è stato squalificato.
Per l’impegno profuso la regina Alessandra di Danimarca lo ha comunque ricompensato con una coppa d’argento dorato.

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Vecchio 31/03/08, 15:36   #17
greenboy
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Grandi super Sterfano e super Mauro!
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Allacciatevi il casco.....e aprite il gas!!!!
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Vecchio 31/03/08, 15:38   #18
sarah
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complimentoni!
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Vecchio 31/03/08, 18:30   #19
zaccgio
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Grandi Turco e Mauro!
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Vecchio 31/03/08, 19:39   #20
turco
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Amici miei... non so come ringraziarvi per le vostre parole e la vostra vicinanza, se non raccontandovi le mie emozioni.

La maratona è una competizione speciale, del tutto particolare. Non per nulla, tradizionalmente è la gara che chiude tutte le edizioni delle Olimpiadi. Ciò che rende così speciale questa distanza è che esiste un limite nella fisiologia umana uguale per tutti, dal campione al principiante: è il 32° chilometro. Questo chilometro è detto "Il muro" ed è il punto in cui le scorte di zuccheri dei muscoli e del fegato si esauriscono completamente. A questo punto aumenta il consumo di acidi grassi e si verificano tutta una serie di fenomeni che portano ad un rapido affaticamento muscolare. Questo fenomeno viene detto bonking o sbattere contro il muro (liberamente adattato di wikipedia).

La maratona è la "signora delle corse" perché richiede di arrivare al proprio limite, superarlo e continuare a correre ancora per quasi 1 ora. La maratona ha un'aura epica, anche nel nome, perchè possono riuscire a correrla tutti, anche se a costo di un duro allenamento. E la fatica che fa il vincitore è la fatica che fa chi arriva ultimo.

Ieri notte ho dormito poco. Continuavo a svegliarmi. La tensione mi ha fatto fare dei brutti sogni. Finalmente alle 6.10 la sveglia. Tutto era già programmato, la colazione, le bevande da assumere, gli orari per il caffè, le maltodestrine, gli aminoacidi... anche, scusate ma è così, la pausa-cesso.
In zona partenza c'è gran fermento, la tensione è palpabile. C'è qualche pazzo che inizia a scaldarsi due ore prima, io inizio dieci minuti prima dell'ingresso in "gabbia". 1 chilometro di corsa sciolta, un po' di stretching... risparmiare energie in quel momento è più importante che scaldarsi molto.
Si entra in "gabbia". La zona della partenza (un tratto di strada lungo qualche centinaio di metri prima dello start) è suddivisa in settori da dei nastri. I settori sono detti "gabbie". I top runner hanno accesso alla gabbia a ridosso della linea dello start, gli altri sono sistemati in settori più arretrati sulla base del miglior tempo in una maratona precedente. Io sono nel settore più lontano, quello degli esordienti. La tensione sale. Si saltella un po' sul posto per scaricare la tensione. Guardo il cardio che ho al polso. Normalmente ho una frequanza cardiaca di 54-56 battiti al minuto, ma oggi viaggio attorno agli 86-88. Ho voglia di mollare i cavalli che mi scalpitano nei polpacci. Dal raggruppamento parte un applauso liberatorio... manca un minuto allo start. Un biplano sorvola lo schieramento liberando del fumo tricolore ed i podisti salutano e urlano al cielo la loro voglia di partire.
BANG! La pistola dello starter esplode il colpo. Nei dieci secondi che precedono il primo passo do il cinque a mio fratello e al mio amico Matteo. Sono carico, ho i brividi, muovo il primo passo dei 30.000 che mi attendono. Il primo chilometro è quello in cui si deve fare attenzione ai contatti con gli altri, poi la folla si dirada e comincio a correre al mio ritmo, affiancato a Mauro e a Matteo, tutti e tre con la maglietta rossa. Per i primi 15 chilometri l'andatura ci permette di scambiare qualche battuta... si parla del tempo di Morandi a Milano, Linus. Subito è chiaro che farà caldo. Tra il dodicesimo ed il quindicesimo chilometro si affianca a noi un personaggio più adatto ad un'osteria che ad una maratona. Sbuffa come un treno nella sua maglietta nera su cui spicca un faccione rosso raboso. Tutti lo incitano e lo chiamano per nome... l'incitamento più frequente sono delle colorite bestemmie, che in terra veneta sostituiscono imprecazioni, preghiere ed espressioni di meraviglia. Qualcuno gli offre una bottiglia di Prosecco ma lui imperterrito stringe una bottiglietta d'acqua nella mano sinistra e una di Gatorade nella destra. Ci racconta che vive e lavora nei paesi circostanti e che lo conoscono tutti. Noi insinuiamo perfidamente che dalle espressioni di meraviglia dei suoi tifosi si direbbe che lo vedano allenarsi molto poco, sospetto confermato dal pancione che si porta dietro e che lo avvicina più al quintale che alla fine della corsa. Poco dopo perdiamo il suo ansimare e la sua simpatica compagnia.
Passiamo alla mezza maratona insieme, con soli 17'' di ritardo sulla nostra tabella di marcia. Al chilometro 22 ci sono i bambini che distribuiscono i cappellini. Uno di loro, nell'entusiasmo della festa si butta sulla mia traiettoria e io lo investo. Rimane in piedi, come me. Non è successo nulla, per fortuna. Tra il 22° e il 23° chilometri c'è un mare di folla. Le tre carovane di maratoneti provenienti dalle tre partenze si riuniscono qui, formando un enorme tricolore umano. La folla applaude e ti mette le ali ai piedi. Mio fratello mi intima di stare calmo e di non accelerare. Lo ascolto. Scarto sulla destra per dare il cinque ai bambini che lo chiedono a lato della strada. I biplani incrociano sul ponte sul fiume Piave a pochi metri dalle nostre teste. Ho i brividi. Sto correndo da 1 ora e 50 minuti. Terminato il ponte la folla si dirada. Davanti a noi si estende un rettilineo infinito coperto di podisti, con il sole in faccia. Da qui al 40° chilometro sarà quasi tutto un unico rettilineo, crudele, implacabile. A questo punto dovevo avere già incontrato i miei amici che, con Pimpi, mi avevano accompagnato alla partenza. Di loro non c'è traccia. Forse li ho persi nella folla del 22° chilometro, peccato.
Le gambe vanno bene, il fiato è a posto, la frequenza cardiaca OK. Mi accorgo che Matteo rimane defilato di un metro... brutto segno. Mi volto e lo guardo in faccia. Corre con gli occhi chiusi. Bruttissimo segno. Cerco di incitarlo. Rallento per affiancarlo, ma le cose non cambiano. Gli offro il cappellino, il sole picchia. Non lo vuole. Rallenta ancora un poco, provo con lo stimolo sentimentale, ma Matteo sembra conscio di non poter tenere il ritmo impostato. Problemi lavorativi gli hanno impedito di affinare la preparazione nelle ultime settimane e di dormire a sufficienza. E' il momento più difficile della gara. Io mi sento bene ma il mio amico è in difficoltà. Durante gli allenamenti delle settimane scorse ho sempre pensato che se fossi andato in crisi non avrei voluto che Mauro e Matteo mi aspettassero per non condizionarli nella loro prestazione. Non so cosa voglia Matteo, ma so che sta soffrendo. Per 4-5 chilometri continua a correre ad una decina di metri da noi. Penso che abbia trovato lo stimolo giusto perché rimane lì vicino. Attorno al 29° km incontro Pimpi e gli altri nostri tifosi che sono arrivati da Trieste per starci vicini. Corro anche per loro. Quando sento le loro voci ed i loro applusi le gambe si fanno leggere. Sto bene... abbastanza. Dall'inizio mi accomapgna una nausea continua, in peggioramento.
Da qui inizia la lotta psicologica. Mancano poco più di 13 chilometri. In allenamento 13 chilometri sono un'uscita considerata facile... lo dico a Mauro, più per fare coraggio a me che a lui. Le mie gambe stanno bene, lui da qualche km lamenta fastidio ai quadricipiti, ma la sua corsa è ancora bella. Non so più dov'è Matteo, ma a quasto punto credo che debba cominciare a concentrarmi su me stesso. Faccio rifornimento e la nausea aumenta ancora. A tratti penso di dovermi fermare per vomitare. Comincio a vedere concorrenti a lato della strada che camminano, altri sono distesi a terra con i crampi. Una ragazza è svenuta e il personale dell'ambulanza si affanna attorno alla concorrente esausta. Al 32° chilometro il polpaccio destro mi avvisa di non abusare di lui con una piccola e fulminea contrattura. L'acido lattico è arrivato a livelli di rischio. Decido di saltare il rifornimento del 35° chilometro. Penso "Se mangio vomito certamente e ho finito di correre, se non mangio rischio di non arrivare alla fine, ma almeno ci provo.". Ormai i muscoli sono doloranti, guardo Mauro e vedo che corre bene, ma il suo profilo è affilato, come succede sempre quando fa fatica. Mi dice che lui non ha le forze di aumentare il ritmo e che se voglio io posso andare... non riesco a rispondere come vorrei... biascico solo :"Io non ne ho più". Ho dolori al fegato, ma gestibili. Sono davvero sul muro e mi ci sto arrampicando con tutte le forze residue. Il 36° non arriva mai, il 37° sembra essere lungo 2-3 chilometri. Superiamo una montagna di concorrenti stremati. Alcuni vomitano lungo i fossi. Un ragazzo dai capelli rossi e un po' più giovane di me mi passa con un passo meraviglioso. La sua fidanzata che lo segue in bicicletta lo richiama "Non accelerare" ma lui non la sente, è in preda alla trance, vola è carico come una molla. 38° chilometro, il polpaccio destro geme, ma lo tengo sciolto, la nausea è sopraffatta dalla fatica. 4 chilometri per realizzare un sogno. I mezzi "scopa" che raccolgono i ritirati sono zeppi, il caldo sta mietendo vittime... alla fine saranno circa 2000 a ritirarsi.
Il ragazzo con i capelli rossi mi ha dato 100 metri, va come un treno. 39° km... un quarto d'ora di corsa mi separa dall'arrivo. Non ho ricordi nitidi di questa parte, so solo che attendevo le mura di Treviso, dove era posto il 40° km e non arrivavano mai. Poi una dolce curva, rifornimento. Mauro mi chiede: "Acqua?"... io dico "No no" lui si avvicina al tavolo affera una bottiglia, scarta un podista più lento, mi distraggo, perdo da lui 3 metri che mi sembrano irrecuperabili. Rallenta per passarmi la bottiglia. Metto in bocca una goccia di acqua e mi viene un conato. Mi butto un po' d'acqua in faccia per rinfrescarmi, Mauro mi dice "Godiamoci questa passerella di 2 chilometri perché ce la siamo meritata". In centro a Treviso c'é ancora molta gente che ci incita, arrivano delle brevi salite sul pavè. Sono pericolose perché il cambio di passo può provocare crampi. Dico a Mauro di non forzare. Andiamo del nostro passo, anche in discesa non permettiamo alle gambe di lasciarsi andare. Dietro una curva, vedo appoggiato al muro di una casa il ragazzo con i capelli rossi che tira il bicipite femorale con lo sguardo basso di chi vede sfumare un sogno a sette minuti dall'arrivo. Guardo il cronometro alla ricerca della cifra 5 nella posizione dei minuti che segna la vicinanza dell'ultimo chilometro. Frugo nella tasca posteriore dei pantaloncini e tiro fuori con fatica un piccolo peluche di Pimpi che mi ha accompagnato per tutta la gara. Lo tengo nella mano destra. Vedo il cartello giallo del 41° alla mia sinistra. Mauro è impegnato in un sorpasso. Dieci metri dopo gli sono affianco e grida "****O! DOV'E'?". So a cosa si riferisce e gli dico: "Tranquillo l'abbiamo passato dieci metri fa... è l'ultimo chilometro". Da qui ricordo veramente poco, la coscienza è riemersa nuovamente alle mura di Treviso. Sapevo che la porta di uscita era il punto in cui era stato posto il 42° chilometro. Svolta a destra e poi 195 metri di rettilineo tra due ali di folla, con l'arco dell'arrivo sullo sfondo. Mi vengono i brividi sulla nuca, alzo le braccia al cielo. Non c'è più fatica, non più sudore, non più nausea. A cento metri dall'arrivo mia cognata porge Riccardo, di 1 anno, il mio avatar, a mio fratello, che se lo carica sulle spalle. Lancio il peluche a Pimpi con un messaggio d'amore fissato con il nastro adesivo, non ho la forza di fermarmi e darle un bacio. Facciamo gli ultimi 100 metri a passo lento, godendoci il pubblico che applaude e Riccardo che ride come un matto.
Sotto l'arco dell'arrivo passo una mano attorno alle spalle di mio fratello, mi dimentico di fermare il cronometro, non capisco più niente, non so dove andare. Sono felice, stremato, esausto. Ho appena compiuto l'impresa che molti podisti sognano per tutta la vita e che io non ho mai sperato di portare a termine fino a pochi mesi fa.
3 ore 34 minuti e 35 secondi. Matteo arriva poco dopo, superata la crisi ha percorso a velocità sorprendente gli ultimi 3 chilometri. Sorride, nonostante io sappia bene, dal momento che sono come lui, che il suo orgoglio è stato messo alla prova... pur con i problemi incontrati si è migliorato di quasi tre minuti rispetto alla maratona di Venezia. Lui il muro vero l'ha incontrato, ci ha pianto (e non sto parlando in senso figurato)ed è ripartito, vincendo se stesso ed insegnadomi che si può essere più forti pur arrivando dopo. Giù il cappello.
Mi prendo l'abbraccio dei miei familiari e dei miei amici. Qualcuno è commosso dall'enormità dello sforzo che ha visto disegnato sul volto dei partecipanti, quando abbraccio Pimpi mi viene da piangere e mi si chiude la gola. In quell'abbraccio sfogo tutte le sofferenze ed i sacrifici di mesi di allenamento e lei mi dice, senza parole, che è felice quanto me.
Poco dopo arriva anche Guido con la moglie Monica e Niky96. Nicolas mi domanda subito: "quanto sei arrivato?" e io gli rispondo "sarò arrivato 1800°". Lui fa uno sguardo un po' perplesso.
Adesso che ci sono le classifiche, Niky, so di essere arrivato 1442°... ma ti assicuro che sono felice come quello che è arrivato primo!
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