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25/03/10, 20:14 | #31 | ||
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Re: Italia, internet, censura...
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Come detto da enghira, massimo rispetto per le idee di ognuno, ma io penso che la protezione non sia mai troppa in campo informatico.
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La mia errina |
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25/03/10, 21:57 | #32 |
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Re: Italia, internet, censura...
Salve a tutti!
Prima di tutto mi presento, sono il portavoce del Movimento ScambioEtico e ho trovato questo forum dietro segnalazione di un utente di TNTVillage. Dico questo non per darvi informazioni di cui magari non vi può interessare di meno, ma per pormi in una situazione di "onesta parzialità", di modo che possiate verificare tutte le mie asserzioni sapendo fin dall'inizio da quale punto di vista provengono (il movimento ScambioEtico è contrario a qualsiasi censura, sostiene che i diritti fondamentali non debbano essere soggetti ad eccezioni in Internet e promuove una profonda riforma del copyright). Mi fa enormemente piacere che questi temi escano dalle nicchie specializzate in cui fin troppo spesso sono relegati. Avete toccato una tale quantità di temi che è praticamente impossibile in breve tornare su tutti. Mi preme comunque iniziare da un paio di punti che, pur se espressi in totale buona fede, sono pericolosi. Dopo di che vorrei proporvi alcuni spunti di riflessione. Comincio dalla fine e dalla faccenda più urgente: è molto pericoloso usare un web proxy anonimizzante per l'home banking o per qualsiasi altra transazione on line. Questo perché fareste passare dei dati sensibili attraverso un sito terzo che si frappone fra voi e la vostra banca (o il vostro venditore, o il vostro cliente) e del quale non potete assolutamente sapere l'affidabilità. La sicurezza delle transazioni online va delegata alla fiducia che avete nel vostro interlocutore e ai certificati di autenticità che garantiscono che di fronte a voi avete realmente chi voi credete. La criptazione "https" è sufficiente, di norma, dal proteggervi dallo sguardo indiscreto del vostro provider e di chi eventualmente dovessere "sniffare" i vostri pacchetti WiFi. Detto questo, torno all'origine del dibattito, e cioè alla perquisizione domiciliare e relativo sequestro di tutto il materiale informatico, sulla base del fatto che questo ragazzo gestiva un proxy. Sono state dette molte cose giuste (i web proxy sono il sistema più "triviale" per aggirare le censure), ma non si è citato uno degli scopi più importanti per i quali "noi" gestori di proxy veniamo continuamente lodati dalla stampa, dai politici e dall'opinione pubblica, e cioè offrire la possibilità a chi opera in ambienti ostili (regimi oppressivi, per es. Iran e Cina) di far uscire ed entrare informazioni preziose da e per il proprio paese, al contempo cercando di aumentare la privacy al fine di aumentare l'incolumità personale. Il primo spunto di riflessione che vorrei proporre quindi è questo: perché da una parte siamo considerati persone degne di lode, addirittura eroi (!) secondo alcuni, dall'altra appena si parla di copyright diventiamo addirittura passibili di perquisizione domiciliare? Un proxy (e non necessariamente un web proxy) è neutro, è chiaro che se voglio offrire la possibilità di far transitare informazioni non posso arrogarmi la presunzione (né ci sarebbe la possibilità tecnica) di filtrare a priori qualcosa, ne può andare dell'incolumità fisica di coloro che operano in ambienti ostili. Secondo, il problema della privacy on line. In Europa abbiamo una legislazione che teoricamente tutela moltissimo la nostra privacy ed è in linea con la Convenzione Europea sui Diritti Umani, nonché con la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Legislativamente, i principi espressi li ritrovate della Direttiva Data Protection (95/46/EC) e nella Direttiva ePrivacy (2002/58/EC). Ma questo enorme (e per molti versi ottimo) impianto legislativo, protegge davvero la nostra privacy in Internet? Avete già scalfito la superficie con quanto è stato detto, ma quella è solo la punta dell'iceberg. Immaginate un consorzio di assicurazioni che crea un grande portale medico, molto ben fatto. Quando accedete a questo portale per consultare informazioni, o addirittura per postare i vostri problemi (ma non è indispensabile: esistono sistemi esperti, simili a quelli utilizzati da Facebook, che riescono a tracciare un profilo semplicemente in base a quali informazioni accedete - questi profili potrebbero poi essere incrociati e raffinati con altri dati di altri siti a cui accedete), all'atto pratico nulla vieta a queste compagnie di profilare (illegalmente, ma è tecnicamente difficilissimo dimostrare la violazione!) il vostro stato di salute, che poi si rifletterà nel momento in cui doveste cercare una polizza assicurativa sulla vita o sulla salute. Discorso assolutamente analogo si può fare per società finanziarie e banche che possono profilare la vostra capacità e la vostra propensione alla spesa in maniera più precisa di quanto non consentano le attuali banche dati, centrali intebancarie ecc. Per minimizzare questo rischio è indispensabile utilizzare sistemi di anonimizzazione, per lo meno un web proxy di modo che le compagnie citate non possano memorizzare il vostro indirizzo IP e quindi risalire, con la compiacenza di soggetti terzi, alla vostra identità. Il problema è enorme, perché tutti noi (o per lo meno tutti coloro che navigano senza precauzioni) lasciamo in rete un'"impronta digitale" che consente di effettuare profili molto precisi a coloro che sono veramente determinati a farlo. Il problema è talmente enorme che è al centro dell'attenzione della Commissione Europea (DG Health & Consumers), ma ritengo che una soluzione legislativa sia ardua se non impossibile: la soluzione tecnologica invece è a portata di mano (utilizzare browser sicuri, cancellare i supercookies e i cookies, navigare sempre con connessioni criptate, non permettere l'esecuzione di script sospetti ecc.). Il caso Phorm, che ha suscitato uno scandalo enorme in tutta Europa, è ancora fresco e bruciante (un sistema di Deep Packet Inspection -intercettazione e ispezione profonda di OGNI pacchetto trasmesso e ricevuto- che è stato utilizzato in Inghilterra a scopi di marketing e chissà cos'altro -ora illegale ma solo dopo una lunga battaglia portata avanti dagli attivisti). Questione ACTA e controllo alla frontiera dell'equipaggiamento elettronico nei bagagli personali: premesso che fra i negoziatori su questo tema non c'è accordo e questo lo si vede anche dalla versione consolidata USA/Jap del 28 gennaio trapelata e diffusa grazie a La Quadrature, The Pirate Bay e Telecomix, i più estremisti (USA) sono arrivati a proporre un sistema di controllo doganale molto diverso da quello attuale. In pratica, ogni cellulare, lettore MP3, laptop ecc., andrebbe controllato da personale competente, alla ricerca di file multimediali. Se trovati, il possessore dell'apparecchio in transito doganale dovrebbe dimostrare sul posto di possedere le legittime licenze di acquisto di quei file. In difetto, l'apparecchio andrebbe distrutto e/o confiscato immediatamente. Sull'autenticità di quei documenti non ci piove, sarebbe troppo lungo discutere qui dei confronti incrociati, delle conferme ecc. (ci lavoriamo ormai da due anni), potete trovare una marea di informazioni sul nostro blog, sul sito dell'avvocato Geist e su quello di Electronic Frontier Foundation, su quello di M. Sans Frontiere e mille altri (perché ACTA, volendosi occupare anche di brevetti e autorizzando la confisca senza prove, basata sul sospetto, e senza diritto alla difesa ("inaudita altera parte") crea enormi problemi anche per il transito dei farmaci). Mi rendo conto di aver scritto un post già chilometrico, e ancora non ho toccato il tema della pirateria senza scopo di lucro e della condivisione online di file protetti da copyright... ma credo sia opportuno che ci ritorni in futuro, oppure vi rimando di nuovo al blog di ScambioEtico, segnalandovi in particolare l'insieme degli studi che dimostrano che l'impatto della pirateria digitale non commerciale è nel complesso positivo per il mercato e per gli artisti (un pirata spende enormemente di più rispetto a un non pirata per l'intrattenimento), ma danneggia certi settori di intermediazione (grande distribuzione organizzata) o certi contenitori (CD) non più appetibili. Anzi, se siete riusciti ad arrivare a leggere fin qui... grazie! Paolo Ultima modifica di paoloj; 25/03/10 a 22:30 Motivo: typos |
25/03/10, 22:22 | #33 |
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Re: Italia, internet, censura...
Letto tutto...Grazie delle informazioni, tutto molto interessante. Passerò a leggere anche il blog, l'argomento mi interessa veramente tanto!
:eek:
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La mia errina |
25/03/10, 23:49 | #34 | |||||
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Re: Italia, internet, censura...
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cosa è bene fare?? usare web proxy anonimi o queste soluzioni?? Quote:
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Se in un primo momento l'idea non è assurda, allora non c'è nessuna speranza che si realizzi. (A. Einstein) Un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (Ernest Hemingway) Perugia 2010 SICCHE' Pianoro 2013 Era meglio non conoscerli |
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26/03/10, 00:05 | #35 | ||||
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Re: Italia, internet, censura...
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prima di rispondere a questa domanda dovremmo sapere quali reati sarebbero contestati all'amministratore del proxy, e se poi queste contestazioni reggeranno in tribunale (se mai ci si arriverà). Quote:
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26/03/10, 00:20 | #36 | ||
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Re: Italia, internet, censura...
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sono d'accordo con te... ma purtroppo non vedo alternative al momento. Come già detto prima la pirateria è ormai entrata nelle (anti)coscienze della maggioranza e sarà sempre più difficile da estirpare.
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26/03/10, 01:30 | #37 | |||
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Re: Italia, internet, censura...
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Come premesse, occorre notare che qualsiasi tecnologia rivoluzionaria nel campo dei monopoli intellettuali è stata sempre osteggiata da quelle industrie che appunto lavorano su quei monopoli. L'avversione alla fotocopiatrice (che avrebbe causato la morte dell'editoria), le storiche e lunghe battaglie per rendere illegali le cassette audio (il "caso TDK") prima e i videoregistratori poi (la causa contro Sony giunta fino alla Corte Suprema), mostrano che l'industria dei monopoli si è sempre opposta ai cambiamenti, salvo poi perdere le cause legali e trovare nuovi modelli di business grazie a quelle tecnologie (mercato delle audiocassette, più economiche del vinile, la nascita del business gigantesco dell'home video...). Oggi però abbiamo una tecnologia che non è rivoluzionaria, ma disruptive (cioè penetra più rapidamente, più a fondo e più estesamente nel mercato di quanto non faccia una tecnologia rivoluzionaria, provocando sul mercato stesso ridefinizioni molto veloci), Internet. Internet è vecchia ma la sua diffusione è ora a livelli altissimi e la larghezza di banda ha raggiunto capacità che permettono la trasmissione in tempi brevi di file molto grandi. Il costo della riproduzione (Internet è stata definita anche come macchina copiatrice perfetta) e della distribuzione è quasi-zero. In un mercato in cui l'industria del monopolio trae profitto dal far pagare le copie, la possibilità di fare copie a costo quasi-zero unita alla possibilità di diffonderle sempre a costo quasi-zero è devastante. Però cos'è successo? Da una parte l'industria, esattamente come nei casi passati citati, si è arroccata in una posizione difensiva, rinunciando per molti anni a ricercare nuovi modelli di business con cui sfruttare il nuovo. Questa posizione, in ultima analisi, chiede la "chiusura" di Internet (nel senso che Internet deve cessare di essere un sistema di comunicazione, ma deve diventare il nuovo medium broadcast, in cui i fruitori fanno solo download e non upload). Dall'altra però nuovi protocolli e nuove forme di condivisione sono sempre un passo avanti rispetto alle contromisure tecnologiche per combattere la cosiddetta pirateria digitale; il legislatore si trova quindi in una situazione in cui deve fare leggi che impongano che un cerchio sia quadrato: scritte bene ma chiaramente inapplicabili. Ora, noi di Scambioetico (insieme a La Quadrature du Net), per uscira da questo "circolo vizioso emozionale", abbiamo voluto considerare la situazione da un punto di vista scientifico, e abbiamo raccolto tutti gli studi indipendenti degli ultimi anni che valutano l'impatto sul mercato della pirateria non a scopo di lucro, dove per indipendenti intendiamo: - non commissionati dall'industria dei monopoli intellettuali; - non commissionati da organizzazioni anti anti-pirateria (come possiamo anche essere noi stessi). I risultati per noi sono prevedibili, ma sconvolgenti per chi invece ritiene che la pirateria digitale danneggi gli autori. Non so se posso mettere link, comunque è facile trovare questa raccolta di studi (di università o governi in zone geografiche diverse e che analizzano campioni statisticamente significativi) e i relativi link googlando o cercando nel sito de La quadrature du Net o nel blog di ScambioEtico. Questi studi sono poi stati raccolti anche dall'Autorità per le Garanzie delle Telecomunicazioni in un notevole studio (recentissimo, di poche settimane fa) concernente appunto la pirateria senza scopo di lucro (lo trovate nel sito di AGCom). Sostanzialmente, emerge che "il pirata", ossia colui che più o meno abitualmente condivide on line, spende in intrattenimento molto, molto di più (fino a 10 volte di più in un anno) di un "non pirata". Spende però in una certa maniera: biglietto dei cinema (non a caso il 2009 ha segnato il record di tutti i tempi, secondo Dan Glickman presidente MPAA, per gli incassi al botteghino delle sale, nonostante che l'ultimo trimestre sia stato segnato da una crisi economica feroce), concerti dal vivo, musica digitale, abbonamenti a videogames, servizi. NON spende più per noleggio DVD/BluRay e acquisto CD. Tirate le somme, il pirata da molti più soldi agli autori e all'industria dell'intrattenimento di quanto non faccia un non-pirata. Oltre tutto questi studi non valutano l'impatto benefico collaterale sul mercato (HDD, abbonamenti Internet, altre memorie di massa, computer, router ecc.) che invece viene considerato a parte nel rapporto AGCom. Perché allora l'industria dell'intrattenimento osteggia (almeno ufficialmente, perché qualche volta a scopo promozionale immette lei film o musica nei circuiti p2p) con tanta ferocia il fenomeno, se a conti fatti ci guadagna di più? Secondo noi la risposta è che l'industria ha analizzato le conseguenze sul medio periodo. Anche se ora il p2p e Internet in generale supportano anche loro, non sarà più così in futuro. La cosiddetta "emorragia di artisti", che nel campo musicale non rinnovano i contratti con le major per proporsi con distribuzione diretta ai propri fan/clienti, e che abbracciano nuovi modelli di business, si sta facendo consistente già da ora e potrebbe diventare massiva (come sostengono Nine Inch Nails, Rednex, Radiohead e migliaia di artisti minori) in pochissimi anni. E' un fenomeno che taglierebbe fuori le major, viste come parte di una catena di intermediazione inutile se non addirittura parassitaria e dannosa. Con questo, il sogno delle major di controllare, come hanno fatto fino a una decina di anni fa (prima della nascita di Napster nel 1999) il 90% del mercato con meno di 1000 artisti tramonterebbe per sempre. Esiste poi un altro fenomeno, ancora più grave agli occhi di chi ha mantenuto per decenni il monopolio intellettuale, e cioè la trasformazione dei passivi fruitori in attivi creatori di contenuti. Siamo già oltre il concetto di prosumer, siamo arrivati, già ora, alla nascita di "legioni" di comunità digitali che producono collaborativamente software competitivo con qualsiasi altro software commerciale (si pensi a Linux, Firefox, OpenOffice, Apache, lighttpd - questi ultimi due hanno preso l'85% del mercato server insieme a Linux), enciclopedie free più affidabili (o almeno meno inaffidabili) dell'Enciclopedia Britannica, decine di migliaia di artisti musicali che rilasciano opere di altissima qualità con licenze Creative Commons, e ora addirittura (vedi progetto VoDo) film che iniziano a competere con Hollywood. E il fenomeno pervade anche altri ambiti: milioni e milioni di persone che passano ore del proprio tempo nei forum (invece di consumare o di guardare la televisione) o nei social network, comunità di attivisti che diventano enormi grazie al digitale e raggiungono la forza di influenzare i processi decisionali dei legislatori, blogger che scrivono con la professionalità dei giornalisti, comunità che scambiandosi opinioni sui prodotti da acquistare spostano le preferenze di acquisto più di quanto non riesca a fare la pubblicità classica. I fattori elencati nell'ultimo paragrafo sono quelli che, a nostro avviso, inducono l'establishment economico ad osteggiare Internet, ad invocarne regolamentazioni o chiusure, a dipingerla come un pericolo piuttosto che come una grande opportunità. Anziché cercare nuovi modelli di business, questi attori del mercato applicano tentativi ostruzionistici ad ogni livello (più che altro richiedendo legislazioni sempre più draconiane e, fatto ancor più grave, la sospensione dei diritti fondamentali quando ci si trova in Internet) per mantenere i monopoli finora garantiti dagli stati. E' un po' come la svolta drammatica provocata dal frigorifero (altro esempio di tecnologia disruptive, secondo i manuali di economia): uno sconquasso per i venditori di ghiaccio e per la catena di distribuzione del latte e degli alimenti. Difficile però opporsi ad una tecnologia disruptive (anzi, storicamente non è mai stato possibile bloccare una tecnologia disruptive una volta diffusa). Occorre trovare nuovi modelli di business e di sviluppo, che in realtà già esistono, alcuni addirittura (nel campo dei libri, del software e della musica) ben collaudati. Ma di questo magari parliamo un altro giorno. Ciao, Paolo Ultima modifica di paoloj; 26/03/10 a 01:33 Motivo: typos |
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26/03/10, 09:02 | #38 | |
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Re: Italia, internet, censura...
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Quanto riguarda il non aver nulla da nascondere ... da "vecchio porco" qual sono ... ditemi CHI ... di voi maschietti non ha nel cellulare o nel PC ... almeno una foto della propria moglie/ragazza/amica (magari al mare ...) in atteggiamenti/posizioni/abbigliamento non proprio monacali ... bhè una volta aperto il cellulare/PC per controllo ... chi impedisce a chi guarda di spulciare tutti i documenti esistenti al suo interno alla ricerca di materiale protetto da copyright e trovare e guardare ciò che è TUO e Privato??? Glielo vieti Tu che sei lì e guardi??? E con quale autorità??? E senza risultare sospetto poi??? Auguri se la pensi così ... |
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26/03/10, 09:49 | #39 | |||
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Re: Italia, internet, censura...
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Del successivo tuo discorso non ho capito se ti riferisci ai pirati "di copyright" che spendono più dei non pirati oppure alla semplice condivisione di file di cui parlavi prima. Cioè: spendo di più io che a casa mi masterizzo 10 cd al mese di uno che li acquista in negozio? @raptor: io le foto compromettenti non le porto in giro le lascio a casa nel disco di backup. Se poi sta benedetta legge va oltre mandati di perquisizione, violazioni di domicilio e quant'altro bè allora saremo tornati ai tempi del terrorismo e a quel punto anch'io non ci starò. Ma una domanda mi sorge spontanea e la rivolgo a chi ha letto acta e robe varie: ma c'è l'evidenza che queste nuove leggi andranno oltre la violazione di domicilio (tra le altre cose)?? mi sembra di ricordare che un ufficiale non può aprire il pc di un tizio e guardarci dentro impunemente senza mandato di perquisizione perchè il pc è un domicilio informatico. Ricordo male?? e se affermate che acta scavalchi sta cosa mi linkate cortesemente i riferimenti al documento?? (che mea culpa non ho letto è troppo lungo perdonatemi )
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26/03/10, 11:25 | #40 | |||
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Re: Italia, internet, censura...
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(discriminazioni sul posto di lavoro / accesso a un posto di lavoro / o altre forme di discriminazioni / ricatto). I trascorsi sull'arbitrarietà delle intercettazioni telefoniche da parte di coloro che fornivano il servizio mi sembra un esempio valido (no non stavano intercettando delinquenti), la differenza è che nel campo informatico hai strumenti per poter far si che questo non avvenga. Quote:
se capita di trovare qualcosa su youtube lo ascolto e basta. ( i problemi di copyright li lascio a loro..) in ogni caso molti metodi come bittorrento p2p non servono solo per materiale coperto da copyright, per esempio molte distribuzioni di linux si affidao a questi mezzi per la semplice ragione che visto l'alto numero di downlaod dovrebbero spendere delle cifre della madonna per server e connettività ( che di solito non hanno ) con il conseguente rallentamento dei download e impossibilità di accedere a determinati contenuti strumenti. Quote:
perchè devi violare un domicilio quando puoi avere tutte le informazioni che vuoi senza doverti (fisicamente ) scomodare?
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