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16 53.33%
No, avrei preferito proseguire sulla via della diplomazia 9 30.00%
E' necessario, ma non approvo il ruolo attivo scelto dall' Italia 5 16.67%
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Vecchio 20/03/11, 19:07   #1
Pollon
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Exclamation Intervento militare in Libia

Tutti noi sappiamo ciò che sta succedendo da un paio di giorni.. il Consiglio di Sicurezza dell' ONU ha deciso di intervenire in Libia instituendo una no-fly zone e colpendo obiettivi strategici atti ad indebolire Gheddafi ed i suoi seguaci ed a salvaguardare i civili libici che lottano per la democrazia.. queste almeno le motivazioni ufficiali.

Il giorno successivo all' approvazione delle operazioni militari Russia e Cina, entrambe con diritto di veto, pur non avendo usufruito di tale facoltà nella sede appropriata, condannano l' intervento militare fortemente voluto da USA, Francia e Gran Bretagna ed appoggiato attivamente anche dall' Italia e chiedono di sospendere l' attacco. La Germania opta per il non intervento.

Scattano dure minacce da parte di Gheddafi che dice di voler colpire obiettivi militari e civili in Italia, la grande traditrice, e nei paesi che sostengono l' intervento. I raid aerei da parte dell' alleanza continuano senza sosta da due giorni e l' Italia mette a disposizione le proprie basi ed i propri aerei. I politici ci rassicurano, le armi libiche non possono raggiungere l' Italia... ma garanzie non ce ne sono, ci prepariamo a qualsiasi evenienza.

Nel mentre, la ritorsione più plausibile da parte di Gheddafi nei confronti dell' Italia pare essere l' immigrazione clandestina verso le nostre coste che d' ora in poi non verrà più combattuta all' origine.

Nel frattempo anche Lega Araba ed Unione Africana chiedono lo stop immediato di tutte le ostilità. I Talebani condannano l' ingerenza occidentale in un paese islamico.
La propaganda in Libia continua, Gheddafi parla di 100 morti tra i civili causati dai bombardamenti francesi ed americani in due giorni.

Questo è il riassunto della situazione. Volevo conoscere la vostra opinione a riguardo, allarmismo no ma personalmente non mi sento completamente tranquilla. La mia paura è che l' intervento occidentale in Libia venga strumentalizzato dai fondamentalisti islamici per fomentare odio nei confronti dell' occidente. Spero che la situazione si risolva in fretta, spero insomma non sia solo l' inizio.
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Vecchio 20/03/11, 19:27   #2
Stig1987
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Angry Re: Intervento militare in Libia

Sono daccordo ! Siamo nell 2011 e non e possibile accettare uno che fa queste cose... Poi se e possibile a abassare i prezzi di benza etc ... Vado a dargli una mano! su serio! Basta dittatura ! ffaanc... Ghedaffi!!! Spero che prendi una bella bombardata !
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Vecchio 20/03/11, 20:06   #3
Danilo
 
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

Attenzione
cerchiamo di tenere bassi i toni altrimenti mi vedrò costretto a chiudere,siamo border line
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Vecchio 20/03/11, 21:16   #4
Urano
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

bella situazione di melma.

è uno di quei classici casi in cui qualunque cosa fai, sbagli.

da una parte non potevamo non intervenire: sia per ragioni oggettivamente umanitarie, sia per le ragioni vere, cioè strategiche. la francia già ci vende chili e chili di energia atomica, non possiamo permetterci che controlli anche le nostre importazioni di petrolio. inoltre, vista la vicinanza geografica, è naturalmente meglio poter avere voce in capitolo nel momento in cui si dovesse decidere la sorte del post-gheddafi. infine gheddafi si è tagliato le pàlle da solo quando ha represso la rivolta con i carri armati, invece da gestirla in maniera politica, magari uscendo di scena e lasciando il campo a suo figlio, anche perchè dobbiamo ricordarci che l'influenza di gheddafi in libia è tale che lui non ha formalmente nessuna carica.

però questo è uno dei classici casi in cui i nodi vengono al pettine: la libia l'abbiamo inventata noi. prima c'erano tre regioni beduine. mo' ci sbrogliamo il casino.

dall'altra parte anche intervenire è un sacco di dolore, visto che A) non sappiamo con chi diavolo stiamo trattando (ed in tutta franchezza, nonostante i regimi e simil-regimi nord africani fossero de facto degli stati mafiosi, almeno erano stati mafiosi LAICI, cosa che li rende comunque preferibili a futuri stati mafiosi integralisti, e la palestina ci dovrebbe insegnare che quando dici ad un popolo "toh, vota" non è sempre detto che questi votino chi piace a te...) e B) non è affatto detto che gheddafi si levi dai piedi definitivamente come ha fatto mubarak.

insomma, visto il macello forse effettivamente tanto valeva intervenire, che se si pensa al futuro è più facile che il regime di gheddafi sia al tramonto che non il contrario.
fatto sta che le eventuali ritorsioni non sono certo l'ondata di clandestini (di cui francamente mi preoccupo poco, una soluzione si troverà...) bensì i rubinetti di petrolio e gas (con la benzina a 3000 lire al litro... e meno male che stiamo uscendo dall'inverno...) e tutto il resto (lockerbie dovrebbe insegnare...)

quindi mèrda fitta.
...ed io che tra 5 ore devo prendere un aereo son due notti che non dormo...

---------- Post added at 21:16 ---------- Previous post was at 20:53 ----------

ho letto ora il commento di frattini che dice che l'abbandono di gheddafi è un obiettivo politico e non militare.

ecco.
direi che a questo punto la situazione è chiara: berlusca ha probabilmente telefonato all'amicone, dicendogli "caro gheddy, noi eravamo obbligati a fare così, ma in fondo tu ci stai più simpatico di quei puzzoni francesi, quindi facciamo che te adesso la pianti di sparare, noi veniamo lì, facciamo un po' di scena diplomatica, te magari metti su uno che piace a te e te ne vieni in vacanza da noi..."

tipica politica italiana.
d'altra parte il gran maestro di mister b., ovvero il caro bettino, ha fatto esattamente la stessa cosa mentre reagan bombardava...
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Vecchio 20/03/11, 21:16   #5
Danilo
 
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

vi riporto un articolo di "rivista eurasia",spiega molte cose.è lungo ma vi consiglio di leggerlo.

Quote:
Dopo aver celebrato in sordina il Centocinquantenario dell’Unità, il Governo italiano ha scelto d’aggiungere ai festeggiamenti uno strascico molto particolare: una guerra in Libia. Un conflitto che sa tanto di amarcord: la Libia la conquistò Giolitti nel 1911, la “pacificò” Mussolini nel primo dopoguerra, e fu il principale fronte italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa volta, però, le motivazioni sono molto diverse.

Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio: solo uno sprovveduto potrebbe pensare che l’imminente attacco di alcuni paesi della NATO alla Libia sia davvero motivato da preoccupazioni “umanitarie”. Gheddafi, certo, è un dittatore inclemente coi suoi avversari. Ma non è più feroce di molti suoi omologhi dei paesi arabi, alcuni già scalzati dal potere (Ben Alì e Mubarak), altri ancora in sella ed anzi intenti a soffiare sul fuoco della guerra (gli autocrati della Penisola Arabica).
L’asserzione dell’ex vice-ambasciatore libico all’ONU, passato coi ribelli, secondo cui sarebbe in atto un «genocidio», rappresenta un’evidente boutade. È possibile ed anzi probabile che Gheddafi abbia represso le prime manifestazioni contro di lui (come fatto da tutti gli altri governanti arabi), ma l’idea che abbia impiegato bombardamenti aerei (!) per disperdere cortei pacifici è tanto incredibile che quasi sarebbe superflua la smentita dei militari russi (che hanno monitorato gli eventi dai loro satelliti-spia).
Non è stato necessario molto tempo perché dalle proteste pacifiche si passasse all’insurrezione armata, ed a quel punto è divenuto impossibile parlare di “repressione delle manifestazioni”. Anche se i giornalisti occidentali, ancora per alcuni giorni, hanno continuato a chiamare “manifestanti pacifici” gli uomini che stavano prendendo il controllo di città ed intere regioni, e che loro stessi mostravano armati di fucili, artiglieria e carri armati (consegnati da reparti dell’Esercito che hanno defezionato e forse anche da patroni esterni). Da allora Gheddafi ha sicuramente fatto ricorso ad aerei contro i ribelli, ma i pur numerosi giornalisti embedded nelle fila della rivolta non sono riusciti a documentare attacchi sui civili. La stessa storia delle “fosse comuni”, che si pretendeva suffragata da un’unica foto che mostrava quattro o cinque tombe aperte su un riconoscibile cimitero di Tripoli, è stata presto accantonata per la sua scarsa credibilità.
La guerra civile tra i ribelli ed il governo di Tripoli, che prosegue – a quanto ne sappiamo – ben poco feroce, giacché i morti giornalieri si contano sulle dita di una o al massimo due mani, stava volgendo rapidamente a conclusione. Il problema è che a vincere era, agli occhi d’alcuni paesi atlantici, la “parte sbagliata”. La storia – in Krajina, in Kosovo, persino in Iràq – ci ha insegnato che, generalmente, gl’interventi militari esterni fanno più vittime di quelle provocate dai veri o presunti “massacri” che si vorrebbero fermare. In Krajina, ad esempio, i bombardamenti “umanitari” della NATO permisero ai Croati d’espellere un quarto di milione di serbi: una delle più riuscite operazioni di “pulizia etnica” mai praticate in Europa, almeno negli ultimi decenni.
Le motivazioni reali dell’intervento, dunque, sono strategiche e geopolitiche: l’umanitarismo è puro pretesto. In questo sito si può leggere molto sulle reali motivazioni della Francia, degli USA e della Gran Bretagna (vedasi, ad esempio: Intervista a Jacques Borde; Libia: Golpe e Geopolitica di A. Lattanzio; La crisi libica e i suoi sciacalli di S.A. Puttini). Motivazioni, del resto, facilmente immaginabili. Qui ci sofferemo invece sulle scelte prese dal Governo italiano.
Cominciamo dall’inizio. Prima dell’esplodere dell’insurrezione, l’Italia ha un rapporto privilegiato con la Libia. Il nostro paese è innanzi tutto il maggiore socio d’affari della Jamahiriya: primo acquirente delle sue esportazioni e primo fornitore delle sue importazioni. La Libia vende all’Italia quasi il 40% delle sue esportazioni (il secondo maggior acquirente, la Germania, raccoglie il 10%) e riceve dalla nostra nazione il 18,9% delle sue importazioni totali (il secondo maggiore venditore, la Cina, fornisce poco più del 10%). La dipendenza commerciale della Libia dall’Italia è forte, dunque, ma è probabile che il rapporto abbia maggiore valenza strategica per noi che per Tripoli. La Libia possiede infatti le maggiori riserve petrolifere di tutto il continente africano (per giunta petrolio d’ottima qualità), è geograficamente prossimo al nostro paese e dunque si profila naturalmente come fornitore principale, o tra i principali, di risorse energetiche all’Italia. La nostra compagnia statale ENI estrae in Libia il 15% della sua produzione petrolifera totale; tramite il gasdotto Greenstream nel 2010 sono giunti in Italia 9,4 miliardi di metri cubi di gas libico. I contratti dell’ENI in Libia sono validi ancora per 30-40 anni e, malgrado l’atteggiamento italiano che analizzeremo a breve, Tripoli li ha confermati il 17 marzo per bocca del ministro Shukri Ghanem. Attualmente la Libia concede ad imprese italiane tutti gli appalti relativi alla costruzione d’infrastrutture, garantendo così miliardi di commesse che si ripercuotono positivamente sull’occupazione nel nostro paese. Infine la Libia, che grazie alle esportazioni energetiche è un paese relativamente ricco (ha il più elevato reddito pro capite dell’Africa), investe in Italia gran parte dei suoi “petrodollari”: attualmente ha partecipazioni in ENI, FIAT, Unicredit, Finmeccanica ed altre imprese ancora. Un apporto fondamentale di capitali in una congiuntura caratterizzata da carenza di liquidità, dopo la crisi finanziaria del 2008.
Tutto ciò fa della Libia un caso più unico che raro, dal nostro punto di vista, tra i produttori di petrolio nel Mediterraneo e Vicino Oriente. Quasi tutti, infatti, hanno rapporti economici privilegiati con gli USA e con le compagnie energetiche anglosassoni, francesi o asiatiche.
La relazione italo-libica è stata suggellata nel 2009 dal Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, siglato a nome nostro dal presidente Silvio Berlusconi ma derivante da trattative condotte già sotto i governi precedenti, anche di Centro-Sinistra. Tale trattato, oltre a rafforzare la cooperazione in una lunga serie di ambiti, impegnava le parti ad alcuni obblighi reciproci. Tra essi possiamo citare: il rispetto reciproco della «uguaglianza sovrana, nonché tutti i diritti ad essa inerenti compreso, in particolare, il diritto alla libertà ed all’indipendenza politica» ed il diritto di ciascuna parte a «scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale» (art. 2); l’impegno a «non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra Parte» (art. 3); l’astensione da «qualsiasi forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell’altra Parte» (art. 4.1); la rassicurazione dell’Italia che «non userà, né permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia» e viceversa (art. 4.2); l’impegno a dirimere pacificamente le controversie che dovessero sorgere tra i due paesi (art. 5).
L’Italia è dunque arrivata all’esplodere della crisi libica come alleata di Tripoli, legata alla Libia dalle clausole – poste nero su bianco – di un trattato, stipulato non cent’anni fa ma nel 2009, e non da un governo passato ma da quello ancora in carica.
L’atteggiamento italiano, nel corso delle ultime settimane, è stato incerto ed imbarazzante. Inizialmente Berlusconi dichiarava di non voler “disturbare” il colonnello Gheddafi (19 febbraio), mentre il suo ministro Frattini agitava lo spettro di un “emirato islamico a Bengasi” (21 febbraio). Ben presto, però, l’insurrezione sembrava travolgere le autorità della Jamahiriya e l’atteggiamento italiano mutava: Frattini inaugurava la corsa al rialzo delle presunte vittime dello scontro, annunciando 1000 morti (23 febbraio) mentre Human Rights Watch ancora ne conteggiava poche centinaia; il ministro della Difesa La Russa (non si sa in base a quali competenze specifiche) annunciava la sospensione del Trattato di Amicizia italo-libica, sospensione per giunta illegale (27 febbraio). Gheddafi riesce però a ribaltare la situazione e parte alla riconquista del territorio caduto in mano agl’insorti. Man mano che le truppe libiche avanzano, il bellicismo in Italia sembra spegnersi: il ministro Maroni arriva ad invitare gli USA a «darsi una calmata» (6 marzo). Ma la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 17 marzo, che dà il via libera agli attacchi atlantisti sulla Libia, provoca una brusca virata della diplomazia italiana: il nostro governo mette subito a disposizione basi militari ed aerei per bombardare l’ormai ex “amico” e “partner”.
È fin troppo evidente come il Governo italiano abbia, in questa vicenda, manifestato un atteggiamento poco chiaro e molto indeciso; semmai, s’è palesata una spiccata propensione ad ondeggiare a seconda degli eventi, cercando di volta in volta di schierarsi col probabile vincitore. Come già in altre occasioni recenti di politica estera, il Capo del Governo è parso assente, lasciando che suoi ministri dettassero o quanto meno comunicassero alla nazione la linea dell’Italia. L’ambivalenza ha scontentato sia il governo libico, che s’aspettava una posizione amichevole da parte di Roma, sia i ribelli cirenaici, che hanno ricevuto sostegno concreto dalla Francia e dalla Gran Bretagna ma non certo dall’Italia. Infine, il Trattato di Amicizia, siglato appena due anni fa, è stato stracciato e Berlusconi si prepara, seppur sotto l’égida dell’ONU, a scendere in guerra contro la Libia.
Qualsiasi sarà l’esito dello scontro, l’Italia ha già perduto la sua campagna di Libia. I nostri governanti, memori della peggiore specialità nazionale, hanno celebrato il Centocinquantenario dell’Unità con un plateale voltafaccia ai danni della Libia: una riedizione tragicomica del dramma dell’8 settembre 1943. Questa volta non sarà l’Italia stessa, ma l’ex “amica” Libia, ad essere consegnata ad una guerra civile lunga e dolorosa, che senza ingerenze esterne si sarebbe conclusa entro pochi giorni.
Ma non si sta perdendo solo la faccia e l’onore. Le forniture petrolifere e le commesse, comunque finirà lo scontro, molto probabilmente passeranno dalle mani italiane a quelle d’altri paesi: se non tutte, in buona parte. Se vincerà Gheddafi finiranno ai Cinesi o agl’Indiani; se vinceranno gl’insorti ai Francesi ed ai Britannici; in caso di stallo e guerra civile permanente in Libia resterà poco da raccogliere. Se non ondate d’immigrati ed influssi destabilizzanti per tutta la regione.
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Vecchio 20/03/11, 21:39   #6
MannX
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

Siamo nella mèrda....
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Vecchio 21/03/11, 00:34   #7
crazyhead
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Ho risposto che avrei preferito la via diplomatica.
Sicuramente avremmo salvato capra e cavoli ossia i nostri obblighi con l'ONU ed il trattato che abbiamo chiuso con la Libia, egregiamente esposto nell'articolo di Danilo, che mi vede in tutto e per tutto d'accordo con l'analisi.
Gheddafi per quanto possa essere a capo della Libia non si sa' bene come, sicuramente non ha posto in essere un genocidio o comunque omicidi di massa come successo da altre parti, per cui secondo il mio modo di vedere un impegno militare, almeno al momento non era proprio giustificato.
Come al solito e tanto per tenere fede al nostro passato, abbiamo fatto la bandierina che svolazza dove il vento soffia piu' forte.
E di questo ne continua a giovare la nostra immagine.
Come detto dall'articolo, Berlusconi ha implicitamente dato carta bianca a Frattini e La Russa per gestire la cosa, mai sentito Berlusconi parlare della situazione, ma evidentemente lui ha piu' a cuore altri tipi di "guerre".
L'ennesima dimostrazione dell'inadeguatezza di chi ci governa e l'ennesima occasione persa per prendere una posizione ben definita e soprattutto salda in campo internazionale.
Inutile evidenziare come per altre guerre vere in altri paesi dell'Africa non ci si sia mossi per nulla...
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Vecchio 21/03/11, 00:48   #8
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

io invece penso che un organismo come l'ONU debba intervenire SISTEMATICAMENTE ogni volta che si presenta una avvisaglia di guerra civile
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Vecchio 21/03/11, 00:57   #9
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

gia' alla prima avvisaglia? secondo me bisogna comunque partire dall'idea che il popolo e' comunque sovrano ed ha il diritto di autotutelarsi, l'ONU non puo', secondo me, mettere il becco in ogni càzzo senza ratio
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Vecchio 21/03/11, 01:09   #10
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predefinito Re: Intervento militare in Libia

di certo non intervenire con le armi,ma almeno convocare i rappresentanti delle due fazioni e cercare un accordo pacifico
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